giovedì 11 novembre 2021

Sperlonga: La grotta di Tiberio.


Un’antichissima grotta naturale, che s’internava nelle viscere di un colle tra Amicle e Gaeta, in sulla riva del mare fu celebre una volta presso gli scrittori col nome di Spelunca. Con questo nome fu indicato da Plinio, cioè locus Speluncae e Strabone descrivendo il il medesimo lido aggiunse: “Hinc ingentes aperiuntur speluncae, in quibus magnae sunt, et sumptuosae villae”. I romani, nei tempi del loro fasto, cercando sempre luoghi ameni e meravigliosi per costruire le loro ville, avevano cinto tutto questo sito di magnifiche abitazioni, approfittandosi delle grotte incavate nel lido, o che essi a tal uopo incavarono, o lo scelsero per il più piacevole e giocondo diporto. Tra tanti colpì questo luogo il genio di Tiberio, che vi costruì una villa assai celebre, detta ancora pretorio forse per la stazione dei soldati pretoriani, da cui era sempre accompagnato. Noi abbiamo queste notizie da Tacito e da Svetonio per l’inopinato caso, che qui gli avvenne. Narrano questi scrittori, che mentre Tiberio cenava una sera nella grotta in compagnia dei suoi seguaci, e specialmente di Sejano, di repente caddero dall’alto molti sassi, che ferirono i commensali, e dei quali anche Tiberio stesso sarebbe stato colpito, se il suo ministro Sejano, alzandosi allora in piedi, non l’avesse coperto con le sue braccia e col suo corpo, onde fin d’allora s’accrebbe la confidenza dell’imperatore col suo ministro. Ecco le parole di Tacito, da cui si deduce, che la detta spelonca fosse compresa nella sua villa e che in custodia di Tiberio vigilavano le guardie, le quali subito accorsero al di lui periglio: “Forte illis diebus oblatum Caesari anceps periculum auxit vana timoris, praebuitque ipsi materiem, cur amicitiae, constantiaequae Sejani magis fideret. Vescebatur in villa, cui vocabulum Speluncae, mare Amuclanum inter Fundanosque montes, nativo in speco, ejus os, lapsis repente saxis, obruit quosdam ministros: hinc metus in omnes, et fuga eorum, qui convivium celebrant. Sejanus genu, vultuque et manibus super Caesarem suspensus opposti sese incidentibus, atque habitu tali repertus est a militibus, qui subsidio venerunt. Udiamo ora Svetonio, da cui apprendiamo che alla detta villa, o spelonca, si dasse il nome di pretorio: Neque Romam amplius rediit, sed paucos post dies juxta Terracinam in praetorio, cui Speluncae nomen erat, incoenante eo,complura et ingentia saxa fortuito superne delapsa sunt, multisque convivarum et ministrorum elisis, praeter spem evasit”. Da questi passi riportati sembra, che la spelonca, la villa, ed il pretorio non formassero, che una medesima cosa, ma noi abbiamo della ripugnanza a prestarvi credenza. Non par credibile primieramente, che in un atro oscuro bagnato dal mare avesse Tiberio costruito non solo la villa, ma anche il pretorio, che doveva presentare un casamento nobile ed elegante. Noi siamo convinti, che il pretorio fosse separato dalla villa e dalla spelonca, ma anche tuttavia il pretorio, la spelonca e la villa non formassero, che una sola abitazione. Il nome a tutti questi edifici si deve alla spelonca e perciò tanto in Tacito che in Svetonio sotto questo nome si descrisse la villa ed il pretorio. Il pretorio tiberiano doveva alzarsi su quel piccolo promontorio, dove oggi sorge Sperlonga, che ne ritiene l’antico nome. Dal pretorio si passava alla villa posta nella spiaggia di mare a levante. Un ponte ben costruito, di cui restano gli avanzi, univa l’uno con l’altra. Serviva ancora questo ponte per il passaggio della Via Flacca, che da Terracina conduceva a Gaeta. Immensi sono i ruderi di antiche mura in tutto questo tratto osservati e descritti dal sig. Notarjanni, di cui la maggior parte è stata dal mare ingoiata. Vi restano ancora molte reliquie di acquedotti. Dall'altro lato a ponente si vede tuttora la famosa grotta, dove Tiberio scampò per poco la morte. Dice il suddetto sig. Notarjanni, che fin a questo giorno se ne vede l' interno tutto rivestito di stucco ed in qualche lato dipinto. Aveva intorno comodi sedili, di cui rimangono degli avanzi. L'antro è tutto naturale con ampia apertura, innanzi a cui lambiscono le acque del mare, dove passava la Via Flacca. Bisogna dire, che Tiberio, invece del pretorio e della villa, godesse di deliziarsi in quest'antro alla riva del mare in una situazione la più pittoresca ed amena. Dall'uno e dall' altro lato non mancavano altre case di delizie, che rendevano questo luogo abitato e conosciuto col nome di locus Speluncae, come si ha da Strabone e da Plinio.

(Notizie tratte da “Antica topografia istorica del regno di Napoli dell’abate Domenico Romanelli, prefetto della biblioteca dei ministeri e socio di varie accademie. Parte terza. Edizioni Stamperia Reale di Napoli – 1819).

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