Contatto

Contatto: g_donofrio@libero.it

venerdì 10 dicembre 2021

Orientamento e Open day all'IISS “Giovanni Caboto” di Gaeta.



Con l'attenuarsi delle difficoltà legate al periodo pandemico l'appuntamento con le attività di orientamento dell'IISS “Giovanni Caboto”  tornano con le tradizionali modalità e proseguono con la campagna social #chooseCaboto. Porte aperte in presenza, dunque, per gli appuntamenti con la classica iniziativa dell'“Open Day” con ben quattro date. Sarà possibile visitare la scuola di Piazza Trieste a Gaeta (Lt) a cominciare dal prossimo venerdì 10 dicembre – dalle 16 alle 19 -  a seguire sabato 18 dicembre – dalle 9 alle 12:30. Altre due date sono previste, invece, per il mese di gennaio: sabato 8 – dalle 18 alle 20:30 -  e venerdì 14 – dalle 16:30 alle 19:30. Saranno queste le occasione per scoprire tutti gli spazi e gli strumenti essenziali della didattica di indirizzo, che si articola in quattro aree: Conduzione del Mezzo Navale (CMN già capitani), Conduzione degli Impianti e degli Apparati Marittimi (CAIM già macchinisti), Conduzione degli Apparati e Impianti Elettronici di bordo (CAIE) e  Area Tecnico-Logistica (per chi vuole lavorare col mare da terra). La formazione del “Caboto” si caratterizza per il dinamismo continuo tra l'insegnamento teorico e l'esperienza empirica, resa possibile dai laboratori specifici di materia di cui l'istituto è dotato: Planetario, laboratori di fisica, chimica, elettronica, Sala Macchine virtuale per la  simulazione di un percorso attraverso gli apparati marittimi tramite casco Oculus ed un joystick (tipo PSP); Sala del Simulatore di Navigazione di classe A  e la Stazione Meteorologica. Sarà possibile scoprire questo e molto altro dal vivo non solo in occasione delle giornate in programma per gli “Open Day”, ma anche prenotando al numero 0771460047 la propria visita ad hoc possibile – per il mese di dicembre -  ogni mercoledì e venerdì, dalle 15 alle 17, intanto continua la campagna #chooseCaboto sui canali social (Facebook ed Instagram) per raccontare la vita dell'istituto scolastico, anche dalla viva voce degli studenti, vivacizzata dalla possibilità di prendere parte a tante iniziative, progetti ed appuntamenti culturali che vanno ad accrescere e completare la loro esperienza scolastica.  Per tutte le informazioni necessarie la scuola vanta anche un sito istituzionale: www.istitutocaboto.edu.it ricco ed aggiornato. Gli Istituti Tecnici Trasporti e Logistica settore marittimo spiega la Dirigente scolastica dell'IISS “Caboto”, prof.ssa Maria Rosa Valente -  sono parte di un sistema di istruzione e formazione che si configura come esempio di eccellenza e  di 'buone prassi': essi coniugano competenze proprie della formazione con quelle specifiche del mondo del lavoro, assolvendo alle esigenze del sistema istruzione, così come  - nel nostro caso - a quello del settore marittimo. Una formula che pone al centro, più che mai, lo studente e il suo futuro accolto in una scuola unica, tutta da vivere”. L’Istituto “Caboto”, dal 1854 ad oggi, si è caratterizzato per aver favorito nei suoi allievi la formazione di un DNA tipico della cultura marinara: ricco di conoscenze solide, strutturate e spendibili in tutti gli ambiti della vita e del lavoro. Scegliere l’Istituto “Caboto” significa, quindi, entrare in una comunità permanente che cresce e si alimenta delle esperienze professionali ed umane delle donne, sempre di più numerose, e degli uomini che la costituiscono:  #chooseCaboto.

Contatti:

  • Facebook: www.facebook.com/NauticoCabotoGaeta
  • Instagram: www.instagram.com/nauticocabotogaeta

lunedì 6 dicembre 2021

Pina Di Pastena, la poetessa dei sentimenti.

Presento l’artista minturnese Pina Di Pastena, una giovane donna che vive dalla nascita a Tufo di Minturno, un ridente e tranquillo paese collinare del golfo di Gaeta. Pina ha sempre amato l'arte in generale: il canto, la pittura e la poesia, che coltiva veramente sin da ragazza; è un dono innato e la sua passione e descrivere la sua anima: Dipinge i fogli bianchi e li trasforma in poesia, rendendoli vivi. Prima di essere una poetessa Pina è una mamma e dedica con amore la sua vita ai due figli: Domenico che è un ragazzo speciale e Lucia che dedica il suo tempo allo studio universitario. In questi anni pieni di versi ha partecipato per ben quattro volte ad un concorso molto importante a Rocca Imperiale (Cosenza): Il festival del Federiciano. Alcune delle sue poesie sono incluse nella enciclopedia redatta da Giuseppe Aletti, altre poesie sono incluse in altre enciclopedie redatte da Élite Edizioni Roma. Tutte cose bellissime che danno sempre soddisfazioni anche se la vera felicità per lei è scrivere della sua anima perché attraverso essa parla ed arriva ai cuori di chi legge e di chi ama la poesia. Per Di Pastena la poesia è dipingere un tramonto con gli occhi, ammirare l'azzurro del mare ed assaporare lo scorrere del tempo che ci regala l'emozione della vita. “Tu, oh mia poesia, rendi luce i miei giorni ed illumini sempre la mia anima”, questa è la frase che racchiude la sensibilità e l’animo artistico-poetico di Pina Di Pastena, la Poetessa Federiciano che saluta i lettori con questa poesia che parla del nostro territorio:

Dalla piazzetta. Dalla piazzetta del mio paese, si ammira il cielo, il mare e il panorama è uno spettacolo da guardare. Si vedono i tetti, comignoli e le stradette profumi di fiori, gelsomini e lillà, donano al cuore felicità. Vocii di bambini paffuti e birichini corrono spensierati, nei vichi e nei prati. Dalle finestre assolate le vecchiette indaffarate, ricordi de passato visi ormai segnati da sguardi rasserenati. Dalla piazzetta del mio paese in compagnia si contempla il mare dai toni turchesi, e onde increspate. Ricordi felici, dai tempi ormai andati, che segnano il cuore di chi li ha amati”.

giovedì 11 novembre 2021

Sperlonga: La grotta di Tiberio.


Un’antichissima grotta naturale, che s’internava nelle viscere di un colle tra Amicle e Gaeta, in sulla riva del mare fu celebre una volta presso gli scrittori col nome di Spelunca. Con questo nome fu indicato da Plinio, cioè locus Speluncae e Strabone descrivendo il il medesimo lido aggiunse: “Hinc ingentes aperiuntur speluncae, in quibus magnae sunt, et sumptuosae villae”. I romani, nei tempi del loro fasto, cercando sempre luoghi ameni e meravigliosi per costruire le loro ville, avevano cinto tutto questo sito di magnifiche abitazioni, approfittandosi delle grotte incavate nel lido, o che essi a tal uopo incavarono, o lo scelsero per il più piacevole e giocondo diporto. Tra tanti colpì questo luogo il genio di Tiberio, che vi costruì una villa assai celebre, detta ancora pretorio forse per la stazione dei soldati pretoriani, da cui era sempre accompagnato. Noi abbiamo queste notizie da Tacito e da Svetonio per l’inopinato caso, che qui gli avvenne. Narrano questi scrittori, che mentre Tiberio cenava una sera nella grotta in compagnia dei suoi seguaci, e specialmente di Sejano, di repente caddero dall’alto molti sassi, che ferirono i commensali, e dei quali anche Tiberio stesso sarebbe stato colpito, se il suo ministro Sejano, alzandosi allora in piedi, non l’avesse coperto con le sue braccia e col suo corpo, onde fin d’allora s’accrebbe la confidenza dell’imperatore col suo ministro. Ecco le parole di Tacito, da cui si deduce, che la detta spelonca fosse compresa nella sua villa e che in custodia di Tiberio vigilavano le guardie, le quali subito accorsero al di lui periglio: “Forte illis diebus oblatum Caesari anceps periculum auxit vana timoris, praebuitque ipsi materiem, cur amicitiae, constantiaequae Sejani magis fideret. Vescebatur in villa, cui vocabulum Speluncae, mare Amuclanum inter Fundanosque montes, nativo in speco, ejus os, lapsis repente saxis, obruit quosdam ministros: hinc metus in omnes, et fuga eorum, qui convivium celebrant. Sejanus genu, vultuque et manibus super Caesarem suspensus opposti sese incidentibus, atque habitu tali repertus est a militibus, qui subsidio venerunt. Udiamo ora Svetonio, da cui apprendiamo che alla detta villa, o spelonca, si dasse il nome di pretorio: Neque Romam amplius rediit, sed paucos post dies juxta Terracinam in praetorio, cui Speluncae nomen erat, incoenante eo,complura et ingentia saxa fortuito superne delapsa sunt, multisque convivarum et ministrorum elisis, praeter spem evasit”. Da questi passi riportati sembra, che la spelonca, la villa, ed il pretorio non formassero, che una medesima cosa, ma noi abbiamo della ripugnanza a prestarvi credenza. Non par credibile primieramente, che in un atro oscuro bagnato dal mare avesse Tiberio costruito non solo la villa, ma anche il pretorio, che doveva presentare un casamento nobile ed elegante. Noi siamo convinti, che il pretorio fosse separato dalla villa e dalla spelonca, ma anche tuttavia il pretorio, la spelonca e la villa non formassero, che una sola abitazione. Il nome a tutti questi edifici si deve alla spelonca e perciò tanto in Tacito che in Svetonio sotto questo nome si descrisse la villa ed il pretorio. Il pretorio tiberiano doveva alzarsi su quel piccolo promontorio, dove oggi sorge Sperlonga, che ne ritiene l’antico nome. Dal pretorio si passava alla villa posta nella spiaggia di mare a levante. Un ponte ben costruito, di cui restano gli avanzi, univa l’uno con l’altra. Serviva ancora questo ponte per il passaggio della Via Flacca, che da Terracina conduceva a Gaeta. Immensi sono i ruderi di antiche mura in tutto questo tratto osservati e descritti dal sig. Notarjanni, di cui la maggior parte è stata dal mare ingoiata. Vi restano ancora molte reliquie di acquedotti. Dall'altro lato a ponente si vede tuttora la famosa grotta, dove Tiberio scampò per poco la morte. Dice il suddetto sig. Notarjanni, che fin a questo giorno se ne vede l' interno tutto rivestito di stucco ed in qualche lato dipinto. Aveva intorno comodi sedili, di cui rimangono degli avanzi. L'antro è tutto naturale con ampia apertura, innanzi a cui lambiscono le acque del mare, dove passava la Via Flacca. Bisogna dire, che Tiberio, invece del pretorio e della villa, godesse di deliziarsi in quest'antro alla riva del mare in una situazione la più pittoresca ed amena. Dall'uno e dall' altro lato non mancavano altre case di delizie, che rendevano questo luogo abitato e conosciuto col nome di locus Speluncae, come si ha da Strabone e da Plinio.

(Notizie tratte da “Antica topografia istorica del regno di Napoli dell’abate Domenico Romanelli, prefetto della biblioteca dei ministeri e socio di varie accademie. Parte terza. Edizioni Stamperia Reale di Napoli – 1819).

sabato 23 ottobre 2021

Il territorio della provincia di Terra di Lavoro

 







I monti Appennini che dai confini del secondo Abruzzo ulteriore s'inoltrano nella provincia di Terra di Lavoro, abbassandosi verso il mar Tirreno, formano un arco quasi circolare, la cui corda è di 52 miglia. La sua estremità settentrionale rivolta a mezzogiorno è il promontorio di Gaeta e la meridionale diretta a ponente è la Punta della Campanella, dalla quale è separata per un piccolissimo tratto di mare l'isola di Capri, che deve considerarsi come una sua prolungazione. Mentre però i due estremi punti di quest'arco son bagnati dal mare, le altre parti molto se ne discostano, cosicché tra i monti che formano la curvatura dell'arco ed il mare, c’è una spaziosa pianura, ed una lunga serie di colline l'una e l'altra opera de vulcani. A tutto questo tratto di terra appartiene precisamente la denominazione di campi Flegrei che da alcuni si è data alle colline di Pozzuoli, di Baja e di Cuma; da altri si è fissata ai luoghi adiacenti al Vesuvio, e da taluni si è estesa, sull'autorità dello storico greco Polibio, ai terreni di Nola e di Capua. I monti di Gaeta sono formati di pietra calcarea, disposti, ad eccezione di qualche ondulazione ed inclinazione, in strati generalmente orizzontali, gl'intervalli de'quali e la cavità delle pietre offrono frequenti cristallizzazioni spatose e soprattutto radiate. In alcuni siti si trova il travertino ed in altri una minutissima sabbia. Se per mare si costeggi il promontorio, si vedono molte fenditure verticali che penetrano nella massa del monte e giungono dal suo fondo alla sua sommità. Una di queste è molto grande, avendo sei piedi parigini di larghezza nella parte più angusta. Le loro parti lisce e senza irregolari scabrosità che sporgono in fuori, non sono parallele, ma divergono dalla parte del mare e convergono verso la cima del monte nelle opposte direzioni. Le colline ed i monti che da Gaeta si prolungano ad Itri, Fondi, Terracina..., sono anche di pietra calcarea. Il promontorio di Gaeta per mezzo di un suolo piano, arenoso e stretto comunica con colline calcaree le quali, ripiegandosi in arco, si elevano a poco a poco verso Castellone e verso Mola di Gaeta, dove esiste una cava di gesso nel luogo detto il monte delle Fosse. I filoni del solfato di calce sono nella direzione da levante a ponente: sovente sono interrotti da una marna disposta in strati sottilissimi e penetrati dal gesso. Passata Mola di Gaeta, gli Appennini declinano da ponente e si allontanano dal mare. Nelle loro prime basse colline sono situati i paesi di Maranola, Castell'Onorato, Traetto, Castelforte e Sujo. Da Traetto però parte una serie di piccole collinette ripiegate in arco che terminano al mare nella collina di Scauri. La base della collina di Sujo è interessante per un litologo. Oltre delle sostanze calcaree vi si cominciano a vedere delle materie vulcaniche, delle incrostature di solfo sul tufo e delle acque minerali, che sgorgano da molti punti della detta base. Alcune zampillano sì vicine alla sponda del fiume che si confondono colle acque del Garigliano. Tutte abbondano di gas idrogeno solforato e tutte depongono un tenue sedimento calcareo. Quella però che dicesi “Acqua dell'Inferno” è molto ripiena di acido carbonico. Pochi passi sopra di essa, sta in un piccolo incavo tra pietre calcaree una mofeta di gas idrogeno solforato: la superficie delle pietre si vede coperta di una tenue incrostatura di solfo. L'estrema vicinanza che hanno tra loro queste acque fa presumere che una sia la loro comune origine e che i due diversi gas, che le animano, procedano da una stessa sorgente. Al di sopra di Castel Forte sorgono, in qualche distanza l'una dall'altra, le colline e montagnole di Ventosa, Correna, le Fratte, Valle Fredda, Castel Nuovo, Sant’Andrea, Sant’Ambrogio, Sant’Apollinare. Poscia gli Appennini si rivolgono a levante ed a settentrione ed incontrano la valle irrigata dal Garigliano nella cui parte settentrionale è situato Montecasino. (Notizie tratte dall’Album scientifico artistico letterario, edizione Borel e Bompard – Napoli 1845).

martedì 12 ottobre 2021

In viaggio per Napoli, tra Itri ed il Garigliano






Itri è un gran villaggio situato sulla Via Appia, sei miglia lontano dal mare e vi si vede ancora un grande avanzo delle mura ciclopico. Diversi autori vogliono, che questa sia l'antica città, chiamata da Orazio “Urbs Namurrurum”. Questo villaggio è piantato fra le colline, dove sono molte vigne, alberi di fichi, d'alloro, di mirto e di lentisco, da cui scola la preziosa gomma del mastice: n'è la situazione si amena, ne sono le campagne tanto deliziose e le produzioni si varie, che non può vedersi senza provare le più deliziose sensazioni. Nell’avanzarsi verso Mola di Gaeta, si vede sul lato destro della strada un’antica torre, la quale si crede essere stata il sepolcro di Cicerone, eretto dai suoi liberti nel luogo medesimo dove fu ucciso. E’ questo un edificio di forma rotonda innalzato sopra un basamenti quadrato: la parte circolare è a due piani fatta a volta e sostenuti nel mezzo da un masso rotondo in forma di colonna; questo monumento è traversato da una strada, che potrebbe essere quella, per cui Cicerone andava dalla parte del mare, quando fu assassinato. Poco lontano vi è una fontana, che si suppone essere quella di Artachia, verso la quale Ulisse incontrò la figlia del Re dei Lestrigoni, secondo Omero. Tra la Torre e Mola di Gaeta la strada domina una dilettosa veduta della città e del golfo di Gaeta, come anche del monte Vesuvio e delle isole circonvicine a Napoli. Otto miglia dopo Itri si trova Mola di Gaeta che è un grosso borgo, situato presso il mare del golfo di Gaeta. Fu edificato sulle rovine dell' antica Formia, città de' Lestrigoni, la quale poi è stata abitata dai Laconiani, di cui parla Ovidio nel XIV libro delle sue metamorfosi. Questa città era rinomata negli antichi tempi, per la sua bella situazione e per la bontà de vini, che Orazio stima al pari di quelli di Falerno. Fu poi distrutta dai Saraceni nell'856. Non vi è porto a Mola, ma vi sono molti pescatori; la spiaggia è deliziosa: da una parte si vede la città di Gaeta, la quale, avanzandosi sul mare, forma una superba veduta, dall'altra parte, verso Napoli, si vedono le isole d'Ischia e di Procida. A Castellone, che rimane tra Mola e Gaeta, vi sono i creduti resti della casa di campagna di Cicerone, che egli chiamava “Formianum”, dove Scipione e Lelio andavano spesso a ricrearsi, vicino alla quale lui fu assassinato, 44 anni avanti l’era cristiana, in età di anni 64, nel tempo della grande proscrizione, mentre egli fuggiva nella sua lettiga per liberarsi dal furore di Marc’Antonio. Cinque miglia distante da Mola, si trova Gaeta, città di diecimila anime, situata sul declivio di una collina. La sua origine è antichissima, credendosi fondata da Enea in onore di Cajeta, sua nutrice, la quale viniori, secondo Virgilio (Eneide): “Tu quoque littoribus nostris, Aeneia Nutrix, Aeternam moriens fumam, Cajeta, dedisti, et nunc servat honos sedem tuus, ossaque nomen Hesperia in magna, si qua est ea gloria, signant”. La situazione di Gaeta è sopra un golfo, la cui spiaggia è deliziosa: era anticamente coperta di belle case, ed ancora se ne osservano alcune rovine, come nel golfo di Baja; ciò prova il gusto, che avevano gli antichi Romani per queste spiagge, le quali veramente sono deliziose. Questa Città è quasi isolata nel mare e non comunica col continente, che per una lingua di terra e vi si entra per sole due porte, le quali son ben guardate. Il suo porto, che è grande e comodo, fu costrutto, o almeno restaurato da Antonino Pio. Appresso al porto c’è un sobborgo assai vasto. Si vede sulla sommità della collina di Gaeta, una torre, volgarmente detta Torre d'Orlando, che è il monumento più rimarchevole di questa Città: Secondo l'iscrizione che è sopra la porta, si conosce, che questo era il mausoleo di Lucio Munazio Planco, che è riputato fondatore di Lione e quello che persuase Ottaviano a preferire il sopranome “Augusto” a quello di “Romolo”, che alcuni adulatori volevano fargli prendere, come restauratore della Città di Roma. Il sullodato Mausoleo deve essere stato eretto sedici anni avanti l'Era Cristiana. Vi si vede ancora una superba colonna di dodici facciate, sulle quali sono incisi i nomi di diversi venti, in greco ed in latino. Nel sobborgo di questa città c’è una torre chiamata “Latratina”: è di forma rotonda, quasi simile alla predetta. Grutero (Jan Gruter, ndr) crede che sia stata un tempio di Mercurio e che i suoi oracoli uscissero da una testa di cane, il che ha potuto far chiamare il suo tempio Latratina, a latrando. In Gaeta vi è una buona fortezza, la quale fu costrutta nel 1440 da Alfonso d'Aragona, accresciuta dal Re Ferdinando e da Carlo V, che fece circondare la Città di grosse muraglie, tanto che essa è riguardata come la principale fortezza del Regno di Napoli. In una delle sue camere si è conservato per lungo tempo il corpo del Contestabile Carlo di Borbone, generale delle truppe di Carlo V. Questo contestabile fu ucciso nell’assedio di Roma, che fu saccheggiata dal suo esercito, nell'anno 1528, dopo che per gran tempo egli aveva tenuto assediato il Pontefice Clemente VII. Vi si vedeva il cadavere stesso, diversi anni addietro; ma si assicura, che il Re Ferdinando IV lo fece seppellire con funerali degni della sua reputazione. Gaeta ha sostenuto ultimamente due lunghi assedi, uno nel 1806 contro i Francesi e l'altro nel 1815 contro gli Austriaci. La chiesa cattedrale è dedicata a sant’Erasmo, vescovo di Antiochia, protettore della Città di Gaeta. Vi si vede un bel quadro di Paolo Veronese e lo stendardo, che san Pio V donò a don Giovanni d’Austria, Generale dell'armata cristiana contro i Turchi. Dirimpetto all'altare del santissimo Sacramento, vi è un antico monumento simbolico, che sembra aver rapporto ad Esculapio. Il campanile di questa Chiesa è rimarchevole per la sua altezza e per la sua bella costruzione; dicesi che sia stato fatto dall'Imperatore Barbarossa. La chiesa della santissima Trinità è la più celebre di Gaeta e rimane fuori della Città, presso una rocca, la quale, secondo un'antica tradizione del Paese, si spacco in tre parti, in onore della santissima Trinità, il giorno della morte del Nostro Divino Salvatore. Un grosso pezzo caduto nella principale rottura della rocca e che vi si è arrestato, ha servito di base ad una Cappella detta del Crocifisso: essa è assai piccola, ma molto elevata e sotto la medesima passa il mare, che bagna il fondo di questa crepatura di rocca. La suddetta Cappella è antichissima, ma nel 1514 fu fatta riedificare da Pietro Lusiano di Gaeta. Bisogna confessare che la posizione di questa Cappella è singolarissima e che non si vede esempio altrove d'una simile situazione. Facilmente si conosce, che questa divisione di rocca è provenuta da una violente rottura, perché gli angoli sporgenti in fuori sopra uno dei lati, corrispondono agli angoli entranti, che sono nell'altro. Riprendiamo ora la strada di Napoli, che abbiamo lasciato per andare da Mola a Gaeta. Uscendo da Mola si costeggia il mare per un miglio di cammino; dopo si perde di vista pel medesimo spazio e si rivede a Scavali, piccolo villaggio, dove forma un seno. Si fa ancora un miglio sulla riva del mare e tre miglia più avanti si vedono gli avanzi d'un Anfiteatro, di un Acquedotto ed altre rovine, che dicesi essere dell' antica Città di Minturno. Poco dopo si arriva al fiume Garigliano che si chiamava anticamente “Liris” e separava il Lazio dalla Campania. Si passa questo fiume per mezzo di un ponte fatto con barche. Sulla porta, che conduce al detto ponte, c’è una bella iscrizione di Q. Giunio Severiano, Decurione in Minturno. In questo luogo si lasciala Via Appia, la quale costeggia il mare fino all’imboccatura del fiume Volturno, dove comincia la Via Domiziana. Le paludi, che il Garigliano forma in queste vicinanze, ci fanno ricordare la sorte deplorabile di Mario, di quel fiero Romano, sì spesso vittorioso nei combattimenti, sette volte Console; il quale fu obbligato ad immergersi fino al collo in queste acque fangose, per involarsi alla ricerca dei satelliti di Silla: scoperto non ostante, si libera da loro con intrepidezza ed anche lì fa tremare col suo contegno e col suo sguardo minaccevole. Il viaggio prosegue alla volta di Napoli. (Notizie tratte dalla “Nuova guida di Napoli, dei dintorni di Procida, Ischia e Capri” di G. B. De Ferrari – Tipografia Porcelli di Napoli, 1826).


giovedì 26 agosto 2021

Nettuno Team volley operativo dal 1° settembre.

Grande euforia per questo nuovo inizio stagione agonistica 2021/2022. Tutto pronto in casa nel Nettuno Team volley, che ambiziosa come sempre, riparte dalla qualità del proprio staff tecnico; alla guida della prima squadra femminile e dell'under 19, Mister Pierluigi Eramo, figura di spessore nel mondo della pallavolo, con un cartellino di terzo grado F.I.P.A.V. eD un quarto grado C.O.N.I. Nel corso  degli anni la società aveva avuto modo di collaborare con Mister Eramo e questo sodalizio è onorato di averlo nello staff, il team Volley non si smentisce mai nella scelta dei propri allenatori se si parla di investire sui giovani. A mister Antonio Caddeo andrà l' under 19 maschile e la 18 femminile, a Martina Bartoli il mini-volley ed i ragazzi dei corsi di avviamento alla pallavolo. La società sta definendo accordi con gli istituti del territorio per offrire durante le ore curriculari dei propri allenatori che si affiancheranno agli insegnanti di educazione motoria. Afferma il presidente Maria Teresa Bava “Abbiamo lavorato incessantemente tutta l' estate a questa nuova ripartenza, la pandemia non ha di certo cambiato i nostri obiettivi, lavorare bene sui giovani resta la nostra priorità per disputare a breve campionati regionali. Ringrazio l'amministrazione comunale di Nettuno per aver compreso quanto fosse necessario rientrare in palestra a tempo debito, Davide Bartolotta dell'ufficio sport per mettersi sempre a nostra disposizione, gli sponsor senza i quali non sarebbe possibile tutto questo (1000 Gomme, Bar Bisy, Spaziani Rolando, Professionisti e Consulenti Italia). Buon lavoro a tutti noi e vi aspettiamo dal 1° settembre tutti i giorni presso la palestra Andrea Sacchi di Via Canducci a Nettuno, seguiteci anche sulle nostre  pagina fb e Instagram”. Info e contatti: asdnettunoteamvolley@libero.it – 3207282664.



giovedì 10 giugno 2021

L'ASD Nettuno Team Volley sugli scudi




Maria Teresa Bava













L'ASD Nettuno Team Volley under 19 vince e convince e conclude anche la seconda ed ultima fase del campionato di appartenenza. Nella serata del 9 giugno la squadra nettunese è scesa in campo  per l'ultima di campionato sul parquet  del Volta Latina ed ora le ragazze del Nettuno Volley sono solitarie in vetta con otto vittorie su otto partite disputate, per un totale di 26 punti su 24. La società ha progetti importanti per queste ragazze che stanno dimostrando lo spirito giusto per un futuro  agonistico indubbiamente di categoria. “Ci tengo commenta la presidente Maria Teresa Bava a ringraziare il nostro mister e direttore tecnico Franco Scarpetti per il l'ottimo lavoro svolto, come peraltro ringrazio i nostri sponsor Rolando Spaziani srl, 1000Gomme e Bar Bisy che in un momento storico così difficile si sono messi a disposizione della società, grazie anche alla nostra amministrazione che ha ridotto il pagamento per l'utilizzo delle concessioni ed al comitato FIPAV Latina, ultimo, ma non per importanza, grazie alla preside del 2° Istituto Comprensivo dottoressa Ida Balzani ed alla prof.ssa Lidia Pigliucci responsabile sport, con la quale la nostra società collabora da sedici anni  nell'interesse  comune dei ragazzi del  territorio, garantendogli un percorso agonistico sia Regionale sia Provinciale. Stiamo  lavorando alla nuova stagione su  importanti ed ambiziosi progetti, nella speranza di poter ripartire a  settembre  in un clima più sereno”.

giovedì 27 maggio 2021

IMPORTANZA E COLTIVAZIONE DEI CARRUBI NEL CIRCONDARIO DI GAETA (1871)


Il carrubo è un albero, che alligna, e prova bene nel territorio di Gaeta, mediocremente in quello di Formia, meglio in quello di Trivoli (Trivio), Maranola, Castellonorato, quantunque più distante da Gaeta. Dalla parte poi opposta mediocremente prova in Itri, poco meglio in Sperlonga (luogo marino), male in Fondi, e di là dai due estremi la coltivazione di quest'albero si estingue. Volendosi quindi formare un’idea adeguata e dell’estensione produttivo di codesto frutto del circondario, si potrebbe considerare il territorio gaetano come il vertice di un triangolo i cui lati si prolungano quattordici a quindici chilometri, l’uno lungo il mare la cui postura più calda è da oriente ed a mezzogiorno, l’altro dentro una postura contraria e più fredda. Stando intanto al fatto pratico, pare che detta pianta si giovasse del clima caldo e marino, dei terreni secchi, pietrosi, di pendio e poco grassi, infatti trattandosi di clima, la Sicilia è più abbondante di carrube, le quali sono pure migliori di quelle di Gaeta, il che non può interamente attribuirsi alla differenza di specie; poiché le stesse carrube dette spinose, che ancora qui si coltivano, non hanno lo stesso valore di quelle di Sicilia. La differenza che osservasi tra il territorio gaetano e quello della Sicilia rendesi ancora notevole tra differenti punti dello stesso territorio del Lazio meridionale, il quale, perché frastagliato di colli e montagne con scarso terreno piano negli avvallamenti, offre varietà nel clima e nella postura. Quale agricolture di Gaeta non conosce la differenza delle carrube per qualità e quantità della calda e marina contrada di Sant'Agostino e quelle delle adiacenze della fredda ed umida vallata di Casalarga e Casaregola? La coltivazione di detta pianta, è che alligna bene e produce buon frutto nei terreni secchi, pietrosi e di pendio; tutto al contrario nei terreni bassi, umidi e paludosi. A questo proposito nel tenimento di Formia, tra contrada Palazzo ed Acquatraversa, terreno piano per il quale corre un rivoletto, qualche maestoso albero di carrube dai coloni tenuto per uso di capanna onde difendersi dai raggi solari, il quale non ostante la foltezza ed estensione dei suoi rami, non produceva che poche, contorte ed incenerite carrube non per qualità della specie, ma per pessima vegetazione del frutto; hanno assicurato i proprietari indigeni che da quei luoghi questa pianta non sfoggia che in rami e pampini. Ecco come spiegasi, quando si consideri la posizione e l’elevatezza del suolo, perchè Trivoli (Trivio), Maranola, Castellonorato, quantunque in distanza maggiore di Gaeta, producono carrube migliori di alcune contrade del territorio formiano, il quale trovasi più vicino. Calcolando intanto da per tutto nel Circondario di Gaeta la raccolta annua di carrube, essa può giungere a termine medio a quintali diecimila, prendendo la metà del prodotto di anni due, di questi diecimila una metà è data dal territorio gaetano, un quarto da quello di Formia ed un altro quarto dagli altri paesi sopra nominati. Queste notizie sono tratte dagli annali del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio del 1871 (Tipografia del Regio Istituto Sordo-Muti).

sabato 15 maggio 2021

I vini del golfo di Gaeta


Dall’antica città di Terracina (Anxur) nel medesimo lido della Campania, dove il golfo per una curva di cento stadi si stende fino al promontorio di Gaeta, che da il nome all’omonimo golfo, sorge la città di Gaeta famosa per l’antichità e per la sua forte posizione. Già. Virgilio ne eternava la fama coi nobilissimi versi che danno principio al canto 7°, celebrando la donna, onde fu nomata dal pio Enea: “Ed ancor-tu d’Enea fida autrice Gajeta, ai neutri lidi eterna fama desti morendo”. La qual città per la sua postura sull‘altissimo promontorio e poi magnifico porto, opera di Antonino Pio e per l‘amenità delle sue campagne, che si stendono per dieci miglia fino al fiume Garigliano, dove si aprono in vaste pianure con piccole collinetta di qua e di là della Via Appia e splendida per abbondanza di ottimi prodotti e di ogni qualità di vini, ma specialmente per la precoce fecondità. delle sue terre. Per il fatto che, essendo tutte irrigate le sue vallette da carezzevoli fonti, non è meraviglia che di li come dal mitologico corno dell‘abbondanza, pievano in tutto l’anno le primizie di ogni genere ad ornar le piazze di Napoli e di Roma. Per la qual cosa, sebbene per la prossimità dei colli Falerni non vi sia genere di uva che non vi provenga, tuttavia si ha quivi l’ambiziosa diligenza di aiutare in modo la natura del suolo favorita dalle aura marittime, che prima del mese di marzo si hanno quei prodotti, che nella stessa Campania felice non maturano che in maggio od in giugno tanto essi ne fanno anticipare i proventi e la fecondità fin dal tempo delle invernali bruma. Fra i vini detti generosi dagli antichi non si devono ammettere quelli di Fondi e di Formia, ciò che ci conduce a ragionare delle fecondità del territorio di Gaeta e delle altre città del litorale rispettabilissime ai Romani e celebrate dagli scrittori pei loro pingui campi e per vigneti una volta deliziosissimi e ne sono testimoni Orazio, come si è detto e Strabone e Plinio, specialmente cadendo loro il discorso sui divorzi della nobiltà romana che avvenivano frequenti in quelle terre e molto si fermano ad indicarne la naturale fecondità in ogni genere di produzioni, poiché lungo quei lidi una spontanea forza della natura presenta magnifico spettacolo di alberi, germogli di un verde perpetuo, boschetti di aranci, di pini, di lauro, intersecati qua e la da mirteti e da rigagnoli di acque di fonte che innaffiano perennemente i prati e le stesse piante. Dell’antica Formia poi appaiono anche oggidì maestose rovine sopra lo stesso seno di mare e non lungi dalla Via Appia sorge la cittaduzza di Mola, che prende il suo nome dall’essere stata edificata sulle moli (mucchi) di quelle rovine, non dalle moli che macinano le farine come hanno creduto alcuni, ora non ha che vigne e vini volgari. Lo stesso Marziale pur avendo tra gli altri luoghi più celebri d’Italia, commemorato, così scherzando, anche quelli di questo litorale, eccita anche noi il prurito di chiudere questo capitolo intorno al vino di tal lido, con quel suo epigramma del libro X che comincia “O dolce littorale della temperata Formia” dove antepone le sue delizie a quelle di ogni altro luogo d’Italia dei suoi tempi, non escluso il Tuscolano, il Tiburtino, Gabli, Prenesti e le amenissime baje, tanto per la temperatura atmosferica, quanto per il grazioso pendio del suolo e per la gioconda comodità della pesca, della quale dice che i pesci, sporta che loro è l’esca, accorrono a farsi prendere al noto fischio e scherzano davanti a chi li pesca e  li chiama per nome rombi, murene. (Notizie tratte dagli annali di viticoltura ed enologia italiana, direttore ing. Cerletti, del gennaio 1875).